Luigi Zoja ha scritto un libro molto bello nel tentativo di spiegare la storia alla luce di una teoria psicologia, appunta quella che da cui ha origine la paranoia. Il paranoico spesso è convincente, addirittura carismatico. In lui il delirio non è direttamente riconoscibile. Incapace di sguardo interiore, parte dalla certezza granitica che ogni male vada attribuito agli altri. La sua logica nascosta procede invertendo le cause, senza smarrire però l'apparenza della ragione. Questa follia "lucida" - così la definivano i vecchi manuali di psichiatria - è uno stile di pensiero privo di dimensione morale, ma con una preoccupante contagiosità sociale. Raggiunge infatti un'intensità esplosiva quando fuoriesce dalla patologia individuale e infetta la massa. Al punto da imprimere il proprio marchio sulla storia, dall'olocausto dei nativi americani alla Grande Guerra ai pogrom, dai mostruosi totalitarismi del Novecento alle recenti guerre preventive delle democrazie mature. Finora mancava uno studio d'insieme sulla paranoia collettiva, rimasta terra di nessuno tra le discipline psichiatriche e quelle storiche.
Per primo lo psicoanalista Luigi Zoja ricostruisce la dinamica, la perversità e insieme il fascino, l'assurdità ma anche la potenza del contagio psichico pandemico, in un saggio innovativo che attinge a vastissime competenze pluridisciplinari. Improvvisamente, vediamo con occhi diversi eventi che credevamo di conoscere, e comprendiamo quanto i paranoici di successo, Hitler o Stalin, fossero tali per la loro capacità di risvegliare la paranoia dormiente nell'uomo comune...). La paranoia come filtro di lettura della storia. Un’operazione suggestiva che lo psicoanalista junghiano Luigi Zoja compie nei confronti del Novecento, a partire dalla prima guerra mondiale per arrivare fino ai giorni nostri. Paranoia, dunque, come humus particolarmente fertile per i conflitti, concausa fra le più significative, quando non determinante come nelle tensioni a sfondo razzista che serpeggiano nella società contemporanea.
Il modello di riferimento è la follia di Aiace dalla omonima tragedia di Sofocle. La genesi e lo sviluppo della paranoia nel personaggio costituiscono la griglia interpretativa che Zoja fa calare sul ventesimo secolo e sui suoi attori principali, non senza essere passato per la scoperta dell’America da parte di Colombo, fino alla guerra civile americana e all’affare Dreyfus. Ma sarà l’Europa nel Novecento il terreno privilegiato per la paranoia collettiva, grazie al rapido attecchire del seme del nazionalismo. Luigi Zoja è un analista junghiano col dono della scrittura e dell’analisi puntuale: addentrarsi nei meandri della paranoia può rivelarsi dunque un’esperienza illuminante, con il disvelamento dei connotati autentici della patologia, sottratta dall’ambito clinico/individuale e restituita ai suoi risvolti più lati, storici e sociali. Il paranoico è un narcisista inespresso, incapace di letture interiori, convinto, per compensazione, che ogni male gli derivi da fuori, dall’altro, dal “nemico”. "Paranoia” si presenta allora come un testo pluridisciplinare, erudito, sapiente, scorrevole - malgrado la mole -, adatto tanto agli studiosi quanto ai lettori più attenti, che non si accontentano di guardare alla realtà dal lato consueto. Zoja regge benissimo la distanza, suggerendoci un lungo faccia a faccia con le dinamiche perverse - e affascinanti al contempo - della pandemia paranoica che ha segnato e segna la storia dell’uomo (allo stato attuale via, anche, stampa e televisioni). Eventi e personaggi che davamo per scontati (tra gli afflitti da delirio persecutorio si annovera anche Caino) ci vengono mostrati sotto una luce inedita, che ci consente di comprendere come paranoici illustri (Hitler e Stalin su tutti), siano divenuti tali per la capacità di farsi interpreti della paranoia insita nell’individuo qualunque: quello che reclama a gran voce la messa al bando (se non la distruzione) del “nemico comune”, e dopo, magari, corre dal figlio per augurargli la buona notte. Un saggio “da brividi”, di cui non si butta via niente: impeccabile per forma e contenuti. A finire per primo sotto la lente d’ingrandimento di Zoja è il conflitto che insanguina l’Europa fra il 1914 e il 1918: l’assassinio dell’arciduca d’Austria da parte di nazionalisti serbi innesca un’escalation di sospetti negli Stati appartenenti alla Triplice Alleanza e alla Triplice Intesa. Quello che dovrebbe essere uno scontro circoscritto ad Austria e Serbia si trasforma in una valanga di proporzioni sempre più grandi attraverso le esitazioni, le incertezze e le paure del Kaiser Guglielmo e dello zar Nicola. Scattano le mobilitazioni preventive degli eserciti, i sospetti reciproci dei leader si diffondono fra le popolazioni grazie anche al crescente peso dei mezzi di comunicazione: il meccanismo paranoico è ormai inarrestabile.